IMMAGINAZIONE (FANTASY)


Erasec combatteva con coraggio insieme alla sua confraternita, mentre le sacerdotesse dell'Ordine del Crepuscolo, sul dorso dei centauri, scagliavano lance rese magiche dalle fenici e dalle fate.

Tutti gli abitanti del regno si battevano senza sosta per proteggere la Biforza, la magica daga che conteneva sia il Bene che il Male, custodita all'interno della fortezza dell'imperatore Ociredef.

Quella battaglia epica si stava combattendo nella stanza di Gioia.

La ragazzina muoveva la testa fin dove le era possibile, riuscendo a guardare ogni cosa: gli arcieri che scoccavano frecce dalla fortezza, la strega Anagrom che creava dal nulla una barriera per proteggere la Biforza e l'imperatore che, invece di starsene al sicuro nella sua torre, trafiggeva i nemici al fianco del suo popolo.

Creare storie fantastiche nella sua mente e proiettarle nel mondo reale, questa era la cosa che Gioia adorava fare più di tutto.


Isole tropicali, fondali inesplorati, mondi fatti di dolci o di nuvole, foreste, palazzi, deserti, poteva andare ovunque desiderasse grazie alla sua immaginazione sconfinata.

Partiva non appena si svegliava e, spesso, continuava i suoi viaggi nei sogni, per poi tornare la mattina dopo e ricominciare da capo una nuova avventura.

Qualche volta immaginava di essere in compagnia delle sue migliori amiche, Dalia e Cristina, dei suoi compagni di classe o ancora dei suoi amici scout. Non potevano venire spesso a trovarla, ma lei li vedeva ogni giorno nella sua testa.


Insieme galoppavano pegasi, organizzavano gare di canto con le sirene e salvavano folletti prigionieri di mostruosi giganti.

Altre volte ritornavano in loghi familiari, come quella volta in cui Gioia, Cristina e Dalia erano andate nel parco dove prima giocavano sempre.

All'inizio era un passatempo innocente, ma da un anno a questa parte era diventata un'attività essenziale.

Rifugiarsi nella fantasia poteva essere una cosa malinconica, ma Gioia non la pensava affatto così.

Non aveva nessuna intenzione di abbattersi e di piegarsi alla disperazione della sua situazione, alla tristezza del luogo in cui viveva. Doveva rendere onore al suo nome, cosa che, in realtà, le risultava abbastanza facile grazie al suo dono.

Le pareti bianche asettiche della sua stanza non rappresentavano dei limiti, anzi, la spingevano di volta in volta a spostarsi in luoghi sempre più incredibili.

Non esistevano muri abbastanza solidi e resistenti per lei: l'immaginazione era la sua arma migliore.

La battaglia infuriava e Gioia avrebbe voluto aiutare, invece di fare da semplice spettatrice.

Così si alzò, o meglio, immaginò di alzarsi, e si buttò nella mischia con una spada di fuoco di drago, che le aveva dato Anagrom.

I capelli corvini, che nella sua mente non aveva rasato, seguivano i movimenti frenetici del suo corpo, mentre cercava di uccidere il famigerato drago a cinque teste.

Grazie a uno stratagemma ingegnoso, riuscì a tagliare tutte le teste con un colpo solo, decretando la fine di quel lungo ed estenuante conflitto.

I nemici furono finalmente sconfitti, la Biforza al sicuro e tutti coloro che avevano preso parte al combattimento festeggiarono. Fu realizzato un banchetto in onore di Gioia, che fu nominata Cavaliere Onorario da Ociredef.

La ragazzina era molto felice e chiuse gli occhi soddisfatta. Quando li riaprì era tutto finito.

Niente più battaglie, oggetti magici o eroi, l'unica cosa che vedeva era la sua stanza.

Sorrise, pensando alla prossima storia che avrebbe inventato, e dieci secondi dopo era già su una nave pirata alla ricerca della Conchiglia d'Argento, che dava il potere di controllare gli elementi a chiunque l'avrebbe trovata.

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