FREQUENTARSI (ROMANTICO)



Non so come chiamarlo:colpo di fulmine, infatuazione, cotta, innamoramento...

So solo che quando l'ho visto in quel museo è come se il mio cuore fosse finito dentro un microonde e si fosse fuso, irradiando nervi, ossa e organi di un calore incandescente.

Andava al Coral Gallery of Arts a intermittenza, rimbalzando da un ritratto a un bassorilievo, scarabocchiando qualcosa su un taccuino di pelle nera, mentre io mi limitavo a mimetizzarmi in una comitiva che si trovava nel suo stesso corridoio o a seguirlo da lontano come un presagio inevitabile. In un mese mi sono ritrovata in quel museo così tante volte che mi hanno regalato una quindicina di abbonamenti.

Durante le feste non l'ho più visto, poi a metà Gennaio l'ho incontrato nuovamente, sempre in quella galleria.

Fissava sempre lo stesso quadro da quasi una settimana, senza mettere mano al taccuino. Stava  immobile per dei buoni quarti d'ora e poi se ne andava via, in silenzio. Ora che avevo notato questo 'schema' nelle sue azioni dovevo assolutamente sfruttarlo. Così un giorno mi sono fatta coraggio. L'ho raggiunto a piccoli passi, un piede alla volta, mentre i muscoli delle gambe si atrofizzavano a ogni movimento e lo stomaco si buttava da un milione di grattacieli, per poi risalire le scale e buttarsi di nuovo.

Mi sono fermata a un metro da lui e ho potuto notare meglio com'era fatto. Aveva delle occhiaie profonde sotto agli occhi socchiusi, taglienti, blu come la laguna immortalata nella tela che aveva davanti. Aveva i capelli spettinati, coperti dal cappuccio di una felpa, e i polpastrelli erano macchiati da colori indistinguibili, tutti mischiati tra loro. Era trasandato e puzzava di erba e tintura, anche se per me quello era un profumo davvero gradevole.

Non si era ancora accorto della mia presenza, quindi mi sono messa a fissare nella sua stessa direzione. Il dipinto raffigurava una laguna immersa in un paesaggio piuttosto arido, sormontata da una montagna e da alcuni fenicotteri in volo. Era molto carino e ben disegnato.

"Spazzatura"

Lo stomaco si era fermato a mezz'aria per pochissimi secondi, poi fu schiacciato dal cuore, che lo seguì nella caduta.

La voce rauca che avevo appena udito mi si infilò nelle orecchie per poi strisciare sotto la pelle, provocandomi innumerevoli brividi.

"Il tratto è incerto. Il colore non è steso in modo uniforme, in alcune parti è più denso mentre in altre è acquoso. In più, le pennellate sono disordinate e contribuiscono a dare ai vari elementi un eccessivo dinamismo:l'occhio entra in confusione"

"A me piace"

Iniziarono a tremarmi le labbra, mentre il mio viso avvampò.

Non era mai successo che facessi un pensiero ad alta voce. Che cosa mi era successo?

Il ragazzo mi guardò incuriosita, con un sopracciglio sollevato. Poi tornò a fissare il quadro.

"Questo perchè un occhio inesperto non coglie gli errori presenti in un'opera"

Ero in tachicardia, ma dovevo dire alla svelta qualcos'altro o avrei fatto la figura della stupida. Il fatto era che avevo il cervello in pappa. Tutto era in subbuglio, non capivo più niente.

Finalmente trovai qualcosa da dire, nonostante anche questa fosse un po' stupida.

"Sei un pittore?"

Fortunatamente, quella frase doveva essere stata il migliore dei complimenti per lui, lo capivo dal modo in cui raddrizzò la schiena e dal suo sorriso soddisfatto.

"Mi piace definirmi così..."

Si sistemò la felpa, gongolando, e mi cadde lo sguardo su una scritta sulla copertina del taccuino.

Un nome e un cognome. Bingo!

La sera corsi a cercarlo su tutti i social e, quando finalmente lo trovai, rimasi a guardare il telefono imbambolata per alcuni minuti.

Il suo profilo era fatto interamente da disegni e capì che era il suo dalla foto più recente:un acquarello del dipinto che aveva criticato al museo.

Ora però che avrei dovuto fare?

Dovevo presentarmi facendo finta di niente?

Certo, sarebbe stata tutta fatica sprecata se, dopo aver scoperto il suo nome, non lo avessi cercato. Dovevo fare un altro atto di coraggio quel giorno.

Spostai il dito sulla tastiera, tremando come una foglia, fino a comporre la parola 'ciao'.

Schiacciai 'invio' con difficoltà e rimasi ad aspettare sommersa dall'ansia. Sentivo tutto attorcigliato e provai un forte disagio.

Improvvisamente sentii una campanellina e trasalii. Guardai lo schermo ed ebbi un tuffo al cuore. Aveva ricambiato il saluto.



Da quel giorno abbiamo cominciato a frequentarci, anche se non in maniera continua.

Lui viveva sulla Gold Coast, distante circa 8 ore di treno da Rockhampton e da me. Ma desideravamo talmente tanto frequentarci che ci sforzavamo di tenerci in contatto e vederci il più spesso possibile.

Un giorno mi ha raggiunto alla stazione di Rockhampton e da lì abbiamo preso un taxi verso il teatro, a vedere una rappresentazione teatrale de "Il mercante di Venezia". 

Dopo non so quante ore di noia siamo andati a vedere un'esposizione temporanea di sculture fatte da un artista bulgaro mai sentito e che, a mio parere, non costruisce tralicci così diversi da quelli che realizzavo io alle medie nell'ora di tecnologia.



"Ah sì?" 

Quando glielo confessai, spalancò gli occhi e mi guardò turbato, poi abbassò lo sguardo sul panino che  aveva davanti e lo addentò.

"Be'..." biascicò, sforzandosi di fare meno rumore possibile "Danailov si ispira moltissimo al dadaismo, un movimento abbastanza denigrato nella storia. Sicuramente cerca di sconvolgere il pubblico con delle opere che sembrano banali o 'fatti da bambini delle medie', come dici tu. O lo si ama o lo si odia"

Tirò su col naso e mi puntò addosso un'espressione interrogativa, aspettandosi una qualsiasi risposta.

Mi si contrasse violentemente lo stomaco. 

Rivolsi lo sguardo verso la finestra accanto alla quale eravamo seduti e mi arricciai i capelli indifferente, simulando un'espressione disinvolta, sforzandomi di non balbettare.

"Sì, be'...Io non ne capisco di queste cose...Mi limito solo a dire se una cosa mi piace o meno..."

Lo guardai di sbieco e pensai bene di punzecchiarlo.

"Sai, non tutti comprendono l'arte come te..."

Notai che sollevò un sopracciglio e morse nuovamente il panino, facendo colare sul tavolo delle gocce di salsa barbecue.

"La bellezza è soggettiva. E sopravvalutata, aggiungo. Comunque hai ragione, il popolino non sa riconoscere la genialità, figuriamoci se sa distinguere quando essa è ostentata o nascosta..."

Mi voltai fulmineamente verso di lui, aggrottando le sopracciglia.

"Quindi io faccio parte del 'popolino' ?!"

Mormorò qualcosa di volutamente incomprensibile e fece spalluce. A quel punto spalancai la bocca, fingendomi offesa, e gli lanciai una patatina fritta mandandolo a quel paese. Lui ricambiò lanciandomi una fettina di pomodoro e continuammo così per un po', tra gli sguardi perplessi e schifati provenienti dagli altri tavoli.

Quando sparsimo ovunque il cibo che avevamo pagato, mi misi una mano davanti alla bocca per trattenere le risate e mi fermai a guardarlo. Notai come i suoi occhi blu diventassero più luminosi quando sorrideva e quanto fossero carine le piccole fossette che gli si formavano sulle guance.

Il cuore sbatteva violentemente contro il mio petto, nel tentativo di uscire fuori. All'improvviso, Robert mi prese l'altra mano, unta come la sua, e una serie di scariche elettriche mi attraversarono da capo a piedi, come se avessi messo il dito in un cavo scoperto. A un tratto iniziai a non sentire più niente, nessun rumore di chiacchiere o posate che sbattevo tra loro. Il suo profumo si depositò nei miei polmoni e per alcuni istanti dimenticai anche dove mi trovavo, credendo di galleggiare in un'altra dimensione.

Sembra buffo, ma sentire i suoi giudizi sullo spettacolo e l'esposizione, vederlo così coinvolto e interessato, fissare il suo sorriso divertito, hanno reso quest'uscita la più bella della mia vita.



In quel periodo ho imparato a conoscere una persona molto particolare, a tratti bizzarra, ma che riusciva a prendermi come nessun altro. Ogni volta che ero con lui sentivo che avrei potuto farmi investire da un'auto e non avrei sentito nessun dolore. Lo guardavo immortalare su una tela o su un foglio qualsiasi soggetto, così infervorato mentre tracciava linee e riempiva vuoti di colore, sentivo i suoi interminabili discorsi appassionati (ma che non sempre riuscivo a comprendere) sull'evoluzione dell'arte, dagli albori ai tempi di massimo splendore fino al giorno d'oggi, e sentirlo lamentare più volte del fatto che ormai sia "morta".

Imparavo il suo amore per l'arte in tutte le sue forme, amore che sfociava in devozione e, talvolta, in ossessione. Mi inglobava nel suo corpo, mi avvolgeva con le sue labbra, ed ero attratta da tutte le sue sfaccettature:la schiettezza, la saccenza, la bontà d'animo, l'abnegazione.

Ma era sufficiente?

Bastava solo che il mio cuore e il mio stomaco si annodassero, formando un gigantesco nodo gordiano, che prendessi fuoco ogni volta che lo guardavo, che mi attrasse a sè, intrappolandomi in una rete fatta di fascino e arte?

Bastavano solo queste cose perchè iniziasse una storia seria? Non c'era nient'altro da tenere in conto?

La distanza era il problema principale. Vivendo in due città molto lontane tra loro era difficile avviare una vera e propria relazione:come fai a stare con qualcuno che vedi solo tre volte a settimana?

Ma non solo. Lui era più grande di dieci anni (anche se io ero parecchio più alta in confronto), viveva da solo in una mansarda e tirava avanti vendendo i suoi lavori, mentre io stavo ancora con i miei e frequentavo il quarto anno di medicina.

E poi, cosa sarebbe successo se, a lungo andare, le sue qualità si fossero trasformate in difetti? O se gli aspetti che non mi piacevano avessero superato quelli che adoravo? Se poi smettesse di avere fascino su di me o io smettessi di averne su di lui? 

Tutto sommato, queste erano cose di poco conto, ma che mi davano comunque da pensare. Forse era paura, o forse eccessiva prudenza, fatto sta che tutti questi timori mi esplodevano nel cervello appena ero da sola.

Io volevo che tra noi si creasse qualcosa, ma forse era tutto perso in partenza...



A San Valentino, dopo quasi un mese di frequentazione incostante, mi aveva invitata sulla Gold Coast per passare tutta la giornata insieme. Avevamo fatto una passeggiata in centro e visto i posti più belli della città, tuttavia non ero riuscita a divertirmi. Ero inquieta.

La sera mi aveva portata sulla spiaggia a vedere il tramonto.

Mi si accartocciavano le budella, ma questa volta non era come le altre. Era una sensazione sgradevole. Mi sentivo terribilmente pesante e ad amplificare questa sensazione contribuivano tutti gli altri organi.

Io e Robert non potevamo continuare.

Troppe difficoltà, troppe differenze. Non potevo illuderlo e non potevo illudere nemmeno me stessa. Ero arrivata a questa conclusione da giorni e aspettavo solo di dirglielo.

Ma come avrei fatto?

Mi sentivo così pesante che mi sembrava di sprofondare lentamente sotto la sabbia. Mentre stavo venendo risucchiata sotto terra, vidi qualcosa fermarsi davanti ai miei occhi e una voce rauca mi fece trasalire.

"Che te ne pare?"

Mi si fermò il cuore. Non sapevo se o quando avrebbe ricominciato a battere.

Robert mi stava mostrando il ritratto che aveva appena finito di farmi.

Era tutto perfetto:i miei lineamenti, la mia espressione, persino i particolari come il piercing al sopracciglio e il neo vicino al labbro superiore.

Sembrava la mia gemella, intrappolata su un foglio di taccuino.

Sudavo e mi venne la pelle d'oca. All'improvviso il mio cuore aveva ricominciato a battere così forte e intensamente che mi sembrava di averlo buttato dentro una centrifuga.

Non vedevo più niente, era tutto sfocato.

"Non ti piace?"

Si grattò la testa con la matita, perlpesso.

"Posso ridefinire i contorni e fare più ombreggiature se..."

"Non possiamo andare avanti così"

Lo interruppi senza accorgermene, la voce mi era uscita da sola. Robert fece una faccia esterrefatta e io ingoiai della saliva amara, che quasi si bloccò in gola.

"Cosa? Ma come..."

Tenevo la testa fissa sulla sabbia. Non avevo il coraggio di guardarlo in faccia.

"Tu..."

"Io...?"

"Tu mi piaci...e molto anche. E il tuo modo di fare mi affascina un casino ma...proprio non può funzionare"

"Perchè no? Credevo che stesse andando tutto bene"

"È così ma..."

"Allora qual è il problema?"

Abbassò la testa, cercando di incontrare i miei occhi, e io mi strinsi nelle spalle.

Era più difficile di quanto avessi immaginato.

Sospirai e sollevai lo sguardo verso di lui. Era confuso, proprio non capiva.

"Ce ne sono tanti di problemi. Inanzitutto, abitiamo troppo lontano l'uno dall'altra"

"Facciamo tutto il possibile per vederci"

"Ma è veramente troppo stressante, lo sai...Passiamo ogni giorno a scriverci e a farci videochiamate, ma, a conti fatti, ci saremmo visti di presenza nemmeno tre volte in un mese! E poi, non abbiamo niente in comune:età diverse, obiettivi diversi, stili di vita diversi. Non siamo compatibili"

Il suo sguardo era indecifrabile. Non riuscivo a capire se fosse deluso, arrabbiato o amareggiato.

"Di tutte le cose che hai elencato, solo la distanza è un problema vero. Il resto sembra che lo stai usando per trovare delle scuse"

"NON SONO SCUSE!"

O forse lo erano?

Le mie preoccupazioni erano solo un pretesto per non mettermi in una storia seria? Per non impegnarmi?

Era più facile fare così che ammettere di avere paura?

Mi sentivo girare, come se un vortice mi stesse risucchiando nelle profondità della terra. Il mio cervello elaborava troppi pensieri confusi e sentivo le viscere accartocciarsi su loro stesse con maggiore violenza.

"Con te mi sento in un'altra dimensione, ma questo non basta. Cosa succede se dopo aver trovato delle soluzioni a tutto ci lasciamo? O se tra qualche mese non ci troviamo più interessanti a vicenda? Non posso vivere con quest'incertezza..."

Era questo il vero problema. Oltre che dell'amore, avevo bisogno di sicurezze, stabilità, di una relazione concreta e duratura. Qualcosa per cui impegnarmi non sarebbe stato vano.

Notai che lo sguardo di Robert era cambiato:sembrava più sollevato.

"Ho capito che cosa ti preoccupa..."

Mi prese per mano e si fermò a pochi centimetri dal mio viso, sorridente. Il mio corpo collassò definitivamente e una coperta di magma e olio bollente mi avvolse, stritolandomi.

"Naelle, tutte le relazioni sono dominate dall'incertezza. Hai ragione, non possiamo decidere come si evolveranno o se finiranno, nè come risolvere degli ipotetici problemi. Soprattutto non possiamo decidere per quanto tempo amare qualcuno"

Avevo l'impressione che la sua voce fosse diventata soave e delicata, l'opposto di quella che avevo sentito fin'ora. Pure i suoi occhi blu erano delicati, come anche il profumo che emanava la sua pelle. Tutto di lui, in quel momento, mi trasmetteva un grande senso di sicurezza.

"Ma io non voglio stare con te nel futuro, voglio stare con te adesso. Adesso voglio vederti il più spesso possibile, adesso voglio disegnare il tuo viso ovunque, adesso voglio amarti. Non sappiamo se sarà per sempre, ma se dovesse essere così? Se dovesse andare tutto bene?"

Quelle parole mi illuminarono.

Lui si era innamorato di me e io di lui. Entrambi volevamo stare insieme.

Quindi che senso aveva farsi tutte quelle paranoie?

"Ti chiedo di stare insieme qui e ora, senza preoccuparci troppo di come andranno le cose in futuro"

"E se dovessero andare male?"

"Le sistemeremo. O ci lasceremo, non lo so. So solo che nel presente ci amiamo e siamo felici. O no?"

"CERTO!"

 Urlai più forte di quanto avessi voluto.

"Anche per me è così"

"Allora non c'è nient'altro da dire..."

Chiuse gli occhi e mi diede un bacio che ero pronta rivivere altre volte, finchè ce ne sarebbero state.



Il sole era ormai tramontato da un pezzo e il cielo aveva assunto le mille sfumature blu della sera. Ci stringemmo l'uno nelle braccia dell'altro, lui con la guancia sulla mia spalla e io con la testa sui suoi capelli.

"Quindi...è ufficiale?"

Mentre me lo chiedeva mi strinse ancora più forte. La sua presenza mi fece sentire enormemente felice, enormemente bene. Guardai il ritratto poggiato sulle mie gambe.

"Sì"

Commenti

  1. Ancora su questo genere devi lavorarci molto, si vede che non sei molto coinvolta. Però per una che non ha esperienza in amore, sai descrivere bene anche queste sensazioni, bravissima.

    RispondiElimina

Posta un commento

Post popolari in questo blog

DEJA VU (DRAMMATICO)

IMMAGINAZIONE (FANTASY)